IL TEATRO dell’OPPRESSO 

“Il teatro è uno specchio dove la natura si riflette”

Shakespeare

“Tutti possono far teatro, anche gli attori”

                                                                                  Augusto Boal

Figlio della pedagogia degli oppressi di Paolo Freire e, per quel che riguarda l’interpretazione attoriale (vivere il personaggio, anziché mostrarlo), del metodo Stanislavskij, il Teatro dell’Oppresso è un metodo teatrale elaborato da Augusto Boal a partire dagli anni ’60, prima in Brasile e poi in Europa. 

Questa originale forma di teatro si propone di rendere lo spettatore protagonista dell’azione scenica come preliminare affinché sia protagonista della propria vita. E’ basata sull’ipotesi che “tutto il corpo pensa”, cioè su una concezione dell’uomo visto come interazione reciproca di mente, corpo ed emozioni. Col Teatro dell’Oppresso lo sviluppo della teatralità diventa uno strumento di liberazione collettiva, in quanto l’autoconsapevolezza della persona è resa possibile dallo “specchio multiplo” fornitole dagli altri. L’atteggiamento pedagogico che solitamente sta alla base di questa metodologia è di tipo non-giudicante, attento a valorizzare le differenze, basato sulla maieutica e sul divertimento.

Con l’elaborazione derivata da anni di lavoro, l’arricchimento determinato dal contatto con diverse situazioni geografiche, culturali e politiche, l’ispirazione creatasi dall’incontro con altri ambiti metodologici (per esempio lo psicodramma di Jacob Moreno), Boal ha sviluppato nel tempo una metodologia teatrale piuttosto articolata. Le principali aree tecniche che la compongono sono: il Teatro Giornale, i Giochesercizi, il Teatro Invisibile, il Teatro Immagine, le Flic dans la Tete, il Teatro Legislativo, l’Estetica dell’Oppresso e quella che più facilmente riesce a sintetizzare lo spirito e le finalità di fondo del Teatro dell’Oppresso: il Teatro Forum.

               IL TEATRO FORUM

Il Teatro Forum porta in scena situazioni problematiche, conflittuali e oppressive appartenenti alla vita di attori e spettatori. Storie che si concludono, esattamente come nella realtà, con la sconfitta dei protagonisti. Ma il pubblico (gli “spett-attori”), attraverso l’azione teatrale, potrà mettere in gioco nuove strategie per tentare, queste storie, di trasformarle: entrando sulla scena, prendendo il posto dei protagonisti-oppressi e “lottando” teatralmente con i personaggi antagonistici. La funzionalità delle idee, delle strategie messe in atto, verrà poi verificata dagli spett-attori a partire dagli effetti prodotti sul palco, e riflettendo sugli stessi si metterà in moto un processo di presa di coscienza collettiva.

Diventando protagonisti del cambiamento attraverso l’azione teatrale ci si prepara, quindi, ad essere maggiormente protagonisti della propria vita sociale e personale, arricchendo il proprio modo di affrontare i problemi con le idee scaturite e verificate in scena. Il teatro-forum parte quindi dal presupposto che chiunque – singolo, gruppo o comunità – possieda potenzialmente le risorse per risolvere i problemi nei quali è immerso. Si tratta di creare le condizioni affinché queste risorse possano esprimersi: ciò avviene consentendo alla teatralità, che tutti abbiamo naturalmente a disposizione, di ritornare ad essere primigenio strumento di conoscenza e trasformazione.

               Bibliografia essenziale

  1. Boal: “Il teatro degli oppressi” – La Meridiana 
  • Boal: “Giochi per attori e non attori” – Audino
  • Boal: “Il poliziotto e la maschera” – La Meridiana
  1. Boal: “L’arcobaleno del desiderio” – La Meridiana
  2. Boal: “Dal desiderio alla legge” – La Meridiana
  3. Boal: “L’Estetica dell’Oppresso” – La Meridiana
  4. Senor: “La ribalta degli invisibili” – Terre di Mezzo
  5. Freire: “Educazione come pratica della libertà” – Mondadori
  6. Freire: “La pedagogia degli oppressi” – Mondadori
  7. Stanislavskij: “Il lavoro dell’attore sul personaggio” – Laterza

sito web:  https://www.teatroinascolto.it

e-mail:  teatro.oppresso@gmail.com

tel.  3356410727



Solo due parole per inquadrare da un punto di vista storico il TdO… non è assolutamente possibile scrivere altro se non una breve introduzione!

Questo metodo teatrale venne elabroato da Augusto Boal, brasiliano, a partire dagli anni ’60, prima in Brasile ed in America Latina ed in seguito in Europa.

Il suo lavoro iniziò nel 1956, a San Paolo, con l’introduzione del “metodo Stanislavskij” (vivere il personaggio anzichè mostrarlo) nella formazione attoriale. Nei primi anni sessanta il lavoro si inserisce in un movimento di riscatto popolare i cui aspetti più noti riguardano l’opera di alfabetizzazione come forma di coscientizzazione.

A seguito della repressione politica, Boal viene espulso in Argentina, dove continua a sviluppare forme di teatro rivolte al cambiamento sociale, rielaborando in condizioni di necessaria clandestinità una modalità conosciuta come “Teatro Invisibile”.

A seguito, sviluppa nuove forme di coscientizzazione, la più nota delle quali è il Teatro Forum, basata sul concetto di rendere lo spettatore… spett-attore (“Tutti possono fare teatro, anche gli attori!”), ovvero protagonista del cambiamento dell’azione scenica affinchè sia protagonista della propria vita, in un percorso di liberazione da condizioni di oppressione.

Tali oppressioni non sono solo “materiali”… dal 1980 circa Boal inizia a sviluppare tecniche note come “del flic-dans-la-tete” (poliziotto nella testa), sulla base dell’ipotesi che nelle nostre società il poliziotto che opprime ed impedisce di agire non è fuori, bensì “dentro” la nostra testa…

Il teatro dell’oppresso deve sempre portare alla costruzione di un modello di azione futura: i temi scelti nelle rappresentazioni sono temi reali, veri, urgenti, e la ricerca di “soluzioni”, o quantomeno di alternative, si giocano nell’ottica della possibilità di vivere tali situazioni nella vita reale. “Non basta aver coscienza che il mondo deve essere trasformato: bisogna trasformarlo!”…

La storia del TdO viene approfonditamente trattata nei libri indicati nella sezione bibliografia.